Da molto tempo ormai si parla di personalizzazione dell’esperienza del cliente, termine che nel mondo del web indica l’offerta di contenuti e funzionalità “su misura”, attraverso sistemi tecnologici capaci di riconoscere e di rispondere all’individualità e alle caratteristiche delle persone.
L’importanza della customer experience basata sulla personalizzazione come leva di marketing è cresciuta di pari passo con l’evoluzione del mondo dei consumi, non solo in ambito digitale. Nella preistoria del settore, prodotti standardizzati venivano proposti al pubblico secondo un concetto di consumo che si potrebbe definire quasi “passivo”. La realtà odierna è ben diversa e ci siamo ormai abituati al piacere di poter scegliere tra tante e diverse varianti di un’offerta. Siamo diventati consumatori esigenti, in un sistema economico che finalmente ci permette di dire la nostra e di “viziarci”.
In parte, ciò è frutto del progresso tecnologico e industriale. I processi produttivi sono stati ottimizzati al punto da rendere fattibile – ed economicamente sostenibile – la differenziazione dell’offerta dei business.
Accanto a questo, sono entrati in gioco anche fattori culturali e sociali, che hanno reso il consumo di prodotti di marca una sorta di “rituale identitario”. Come spiega il sociologo Anthony Giddens nella sua opera Identità e società moderna, la nostra individualità è qualcosa che costruiamo e de-costruiamo in continuazione attraverso le nostre decisioni quotidiane, che naturalmente comprendono anche ciò che scegliamo e acquistiamo. In questa ottica, la personalizzazione è diventata un valore aggiunto per il consumatore, tale da giustificare il pagamento di un premium price.
Oggi siamo a un punto cruciale, perché l’estrema sofisticazione delle tecnologie digitali permette una customer experience sempre migliore, cucita su misura sui canali di marketing online. Dalle TV in streaming, ai marketplace come Amazon, fino ai social media, alla pubblicità online e agli e-commerce, i consumatori ogni giorno possono aspettarsi contenuti ed esperienze che sembrano create proprio per loro.
Perché personalizzare?
Se vi state chiedendo perché personalizzare esperienze e contenuti dovrebbe essere tra le prime voci della vostra agenda (che siate marketer, web designer o imprenditori online), ecco un paio di valide ragioni.
Aumentare engagement e conversioni
Una customer experience più “personale” coinvolge di più e convince i vostri potenziali clienti. Per quale motivo? Stando ad alcune ricerche (si veda ad esempio questa dell’Università del Texas intitolata Consumer control and customization in online environments), alla base della fascinazione umana per le esperienze personalizzate ci sono due importanti fattori psicologici.
Il primo è il senso del controllo: dandoci la scelta – o perlomeno l’illusione della scelta – i processi di personalizzazione solleticano il nostro “orgoglio identitario”. In pratica abbiamo la percezione di essere dei soggetti “attivi”, inseriti in una relazione con il brand che non è più impersonale e anonima, bensì familiare e centrata sulle nostre necessità.
Il secondo fattore è la naturale avversione umana al sovraccarico informativo (information overload). In un contesto di personalizzazione, i contenuti che l’utente fruisce sono già “filtrati” a monte e questo riduce di molto i suoi sforzi di decodifica del contesto informativo.
Ma non basta: un sistema che ricorda le azioni compiute dagli utenti può venire loro incontro, semplificando l’esperienza nell’insieme. Pensiamo alla funzione di auto-fill sul motore di ricerca di Google, o la sezione “i tuoi indirizzi” dell’area personale di Amazon.
Insomma, i processi di personalizzazione rendono più facile e piacevole la vita dei consumatori sul web e li mettono nelle condizioni psicologiche ideali per accrescere la fedeltà verso un brand, ad esempio, o per valutare e decidere un acquisto.
Conoscere meglio il vostro pubblico
Per le ragioni descritte sopra, i processi di personalizzazione sui canali digitali permettono anche di acquisire informazioni e dati sulla target audience.
Ci sono molte evidenze del fatto che, quando questi processi sono ben implementati e improntati a una relazione di fiducia, i consumatori (specialmente nelle fasce di età Millennials e Generazione Z) sono ben disposti a condividere i dati con le aziende, in cambio di offerte, sconti personalizzati e altri benefici.
Personalizzazione o customizzazione?
Finora abbiamo parlato di personalizzazione, ma in gergo tecnico esiste una differenza tra due modalità di adattamento di un sistema alle peculiarità di ciascun utente.
- I processi in cui l’utente può impostare determinate preferenze. Parliamo qui di customizzazione.
- I processi in cui l’utente non deve mettere le mani su nulla, perché è il sistema stesso (il sito o l’applicazione) su cui operano a decidere contenuti ed esperienze da proporre. Questa è la personalizzazione vera e propria, che si basa sulla conoscenza che i sistemi acquisiscono gradualmente sugli utenti, attraverso tecnologie come AI e machine learning.
Un esempio. In un’applicazione come quella di BBC Radio (come in molte app di broadcasting online), l’utente può selezionare i programmi preferiti e ottenere così aggiornamenti e notifiche su quei programmi, o eventualmente su programmi o contenuti affini. Una app come quella di Netflix invece propone sua sponte contenuti di intrattenimento, sulla base della storia dell’utente: l’algoritmo del sistema sa, tra tante altre cose, quali sono le serie che l’utente ha già visto e quanto tempo ci ha speso. Di conseguenza, può decidere quali altri titoli proporre. Nel primo caso l’utente ha maggiore controllo su quello che il sistema offre, nel secondo invece è il sistema che “interpreta” e prevede le sue esigenze, a volte azzeccando e a volte no.
La customizzazione può essere anche definita come una forma di personalizzazione “esplicita”: con questa espressione si intende che l’esperienza utente si costruisce in base alle informazioni che la persona dà al sistema. Alo Moves, una app di fitness e yoga, accoglie i nuovi utenti con un questionario, in base al quale può stabilire preferenze, obiettivi sportivi e tipologie di allenamento più adatte e proporre contenuti ad hoc. Molte app sul mercato in molteplici settori presentano meccanismi di onboarding di questo tipo.
Si definisce invece personalizzazione “implicita” la modalità dei sistemi, come il già citato algoritmo di Amazon, che si basano sul comportamento dell’utente e che quindi tengono traccia di ciò che l’utente compie su un’interfaccia per configurare l’offerta di contenuti e servizi su misura delle sue esigenze.
Molto spesso ci troviamo ad avere a che fare con una terza via, rappresentata da tanti sistemi di raccomandazione “ibridi”, che sfruttano sia informazioni inserite manualmente dall’utente sia dati ottenuti attraverso gli algoritmi.
Quale è l’esperienza di personalizzazione migliore?
Decidere se implementare un sistema di customizzazione piuttosto che una personalizzazione totalmente implicita significa fare una vera e propria scelta di campo. Entrambe le opzioni presentano pro e contro, nell’impatto che hanno sulla customer experience online. Tutto dipende dai vostri obiettivi, ma anche dalle caratteristiche e dagli intenti di ricerca dell’audience, oltre che dal contesto in cui si muove.
Con la customizzazione infatti il vostro pubblico ottiene ciò che veramente vuole, perché ha il controllo su ciò che la vostra piattaforma o il vostro sito può offrire. La domanda da porsi è: il vostro pubblico sa quello che vuole o ha idea di cosa può cercare sul vostro sito?
Se la risposta a questa domanda è no o se sapete di avere a che fare con un pubblico dagli intenti molto generici o “esplorativi”, un meccanismo di personalizzazione può aiutare i vostri utenti a cogliere l’intero spettro della vostra offerta. Non solo: può portarli a sentirsi più “coinvolti” dall’esperienza, anche in modi del tutto inaspettati e, forse proprio per questo, ancora più piacevoli e persuasivi.
Autore: Silvia Podestà
Silvia Podestà è designer strategica e UX researcher. Nel suo libro Digital Design per Piccoli Business indaga le sinergie cross-disciplinari alla base della progettazione digitale, per scovare nuove direttrici di creazione di valore in ambito marketing e di business model. Con un background articolato in comunicazione e branding sui media digitali, parla e scrive di design thinking, UX e i nuovi trend dell’economia fisico-digitale. Aiuta le aziende a comprendere il web e progettare efficacemente la propria presenza online.