Qual è la lunghezza ideale di un post del blog nel 2021? Quanto deve essere lungo un buon post di un blog? Meglio un post molto ampio o uno breve e conciso? Ecco quello che si deve considerare

Lunghezza ideale dei post di un blog

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Chiedersi quale sia la lunghezza ideale di un post di un blog accade molto di frequente quando si lavora nel campo del content management. L’esposizione di un argomento può essere svolta in modo rapido, impiegando un numero di parole abbastanza ridotto, così come con uno sviluppo molto ampio, in cui si prendono in considerazione una larga quantità di aspetti inerenti al tema trattato.

Quando si scrive per il web, quale forma è più conveniente? Conviene usare il cosiddetto long-form content, ossia un testo molto lungo e articolato (di più di 10.000 caratteri), o già un testo di un paio di migliaia di caratteri può ottenere un risultato più che soddisfacente? La domanda è importante, perché ovviamente preparare un testo breve non impone lo stesso impegno della redazione di un articolo molto lungo e un content writer professionista, specialmente se lavora da freelance, sa bene che deve ottimizzare le sue energie se vuole fare corrispondere una buona retribuzione economica alla sua attività di redattore online.

Per le aziende la questione diventa ancora più cruciale, perché oltre al problema della valutazione economica di un post (un long-form in linea di massima costa di più di un post più breve) il punto chiave è capire quale lunghezza sia più efficace nella comunicazione di marketing. Se ad esempio un determinato post è finalizzato alla lead generation e al termine della lettura si chiede al lettore di iscriversi a una newsletter o di lasciare i propri dati in cambio di qualche vantaggio enunciato nell’articolo stesso, diventa indispensabile capire qual è la lunghezza tipica dei post che sono in grado di raccogliere più contatti.

Per valutare quanto deve essere lungo un post di un blog si devono tenere in considerazione principalmente due aspetti: l’effetto che la lunghezza del post ha sulla SEO e la qualità della comunicazione del testo stesso.

 

Lunghezza di un post del blog e SEO

Sono numerose le analisi che prendendo in considerazione una considerevole quantità di post hanno individuato il migliore rapporto tra la lunghezza del testo e la probabilità di conquistare una posizione alta nelle SERP di Google in relazione alle parole chiave a cui il post pubblicato punta.

Una delle più attendibili e complete è quella di Hubspot, che ha preso in considerazione migliaia di post pubblicati per definire una statistica molto precisa. Per il miglior posizionamento SEO in base ai parametri dell’algoritmo di Google in vigore nel 2021 la lunghezza ideale di un post del blog è tra 12.000 e 15.000 caratteri (corrispondenti più o meno a 1.800-2.000 parole italiane). Anche gli studi di Capsicum Mediaworks sono pervenuti alla stessa conclusione.

Ovviamente però ci sono numerosi altri fattori che giocano un ruolo decisivo nel posizionamento finale. I più rilevanti sono

  • l’autorevolezza del sito in cui si pubblica il post
  • i backlink che il post ha guadagnato
  • i contenuti multimediali presenti nel testo
  • i testi alt riferiti alle immagini
  • la scelta e il posizionamento strategico delle giuste parole chiave
  • la presenza di frasi e sinonimi che ben contestualizzano le parole chiave a cui si punta
  • la quantità di altri articoli in competizione con quello pubblicato che aspirano a una posizione rilevante sulle stesse parole chiave.

 

Va detto comunque che la lunghezza di circa 2.000 parole non è tassativa, proprio perché puntando a parole chiave meno inflazionate è possibile ottenere ottimi posizionamenti anche con post più brevi. In alcuni casi bastano anche solo 500 parole per ottenere una buona posizione nella SERP. In generale, perché un post sia preso in considerazione da Google deve avere almeno 300 parole (circa 2.000 caratteri italiani).

 

Lunghezza di un post del blog e qualità dei contenuti

La lunghezza consistente di un post non è automaticamente sinonimo di qualità. In passato per incrementare le dimensioni di un articolo si ricorreva a riempitivi assolutamente privi di valore contenutistico come “ti spiego io come funziona questa cosa” o “hai letto fin qui con l’intento di avere una risposta alle tue domande”. O, peggio ancora, ripetendo numerose volte lo stesso concetto senza aggiungere nessun’ulteriore argomentazione.

Questi sotterfugi andavano bene nel periodo in cui gli algoritmi di Google non erano semantici, ossia non si addentravano nel significato dei testi. Oggi la situazione è profondamente cambiata e sebbene in italiano l’abilità interpretativa di Google nella valutazione di parole e frasi è molto meno acuta di quella che ha l’algoritmo che agisce sulla lingua inglese, la componente semantica ha comunque un suo peso rimarchevole.

Per questa ragione nel 2021 l’algoritmo vuole trovare contenuti molto solidi e strutturati all’interno di un testo ed è sempre più in grado di riconoscere se è ampio perché è effettivamente molto ricco di temi e argomenti o solo perché è stato dilatato a dismisura senza altro scopo che incrementare il numero di parole complessive. Oggi i testi scadenti vengono stroncati da Google quasi sempre, indipendentemente dalla loro dimensione.

Se perciò si deve scrivere un testo in cui si deve dare un’informazione chiara su un certo argomento molto specifico è assolutamente sconsigliabile girare in tondo o introdurre innumerevoli altri spunti solo per allungare il volume del pezzo. Meglio limitarsi a 500 parole e rimanere sintetici: Google valuterà comunque il pezzo in modo positivo e i lettori ringrazieranno, perché troveranno subito l’informazione che stavano cercando senza faticare troppo nella lettura di un testo smisurato e prolisso.

 

Non conta solo la SEO nella determinazione della lunghezza di un post del blog

Fin qui abbiamo messo in rilievo come la lunghezza del testo può incidere nei risultati della SEO. Ma la SEO non è l’unico aspetto che si deve tenere in considerazione quando si redige un testo per un blog.

Già nel 2019 Matthew Hindman nel suo saggio La trappola di internet ha evidenziato come oggi la visibilità online è un territorio colonizzato e presidiato da un numero limitato di produttori di contenuti che riusciranno sempre ad accaparrarsi i migliori posti nelle SERP relative a tutte le parole chiave in riferimento alle quali vogliono posizionarsi. Questo dipende da cause che solo di rado sono funzione della qualità del pezzo, ma derivano da fattori di SEO on site riguardanti l’intero sito (per esempio da quanto tempo è online il sito, quanti aggiornamenti mediamente fa durante la settimana, quanti contenuti ospita, ecc.) e da fattori off site come i backlink che ha raccolto nel tempo il contenuto stesso e l’intero sito in cui è pubblicato. Su quest’onda la copywriter Daria Costanzo ha ottimamente enunciato in un suo articolo una serie di riflessioni in qualche modo scoraggianti riguardo alla difficoltà di emergere sul web nel 2021 quando si pubblicano nuovi contenuti.

Se si punta a promuovere un contenuto solo facendo leva sul regalo di un buon posizionamento che può farci Google, cosa peraltro del tutto imprevedibile, il lavoro di content publishing è completamente compromesso e diventa il tentativo matto e disperato di un cespuglio che auspica di superare le cime degli alberi di una foresta.

Al contrario, il content management oggi è sempre più legato indissolubilmente al content marketing, che si connette ad azioni specifiche miranti a conferire maggiore visibilità, prevedibile e controllabile, ad articoli e post. Qualche esempio su come è possibile promuovere un post di un blog:

  • condividerlo nei in account e pagine dei social media
  • trasformarlo in infografiche che contengono un link all’articolo e diffonderle nei social media
  • creare un podcast e diffonderlo, con un riferimento al post originario
  • creare un breve video in cui si evidenziano i contenuti principali del post e rinviare all’articolo originario dopo averlo diffuso nei social media
  • mettere in sponsorizzazione (a pagamento) il post nei social media.

 

Tutte queste azioni possono contribuire concretamente a portare traffico sul post e a interessare il pubblico. Inoltre, soprattutto quando si sceglie di investire un budget nel post per sponsorizzarlo, è possibile esporlo a pubblici ben determinati, innalzando le probabilità di colpire l’attenzione proprio di quelle persone alle quali il post idealmente si rivolge.

In tutti questi casi la lunghezza del post non è più significativa di per sé, ma diventa funzionale soltanto alla migliore esposizione del contenuto. Quindi nella sua stesura non si deve impiegare una parola in più né una in meno rispetto a quelle che occorrono per esprimere al meglio quello che si vuole dire.

 

La lunghezza ideale nel content marketing

Quando il blog appartiene a un’azienda o comunque il post pubblicato serve all’impresa per la sua comunicazione di marketing, oltre a tutto quello che si è detto finora si deve tenere conto dell’obiettivo inseguito dal post stesso. Ossia: cosa si vuole ottenere con il post? Semplicemente informare il lettore su qualcosa o, come di solito accade con i post di content marketing, indurlo a effettuare un’azione predeterminata?

Un post può avere diversi scopi, per esempio:

  • suscitare interesse su un tema inerente all’azienda o ai prodotti
  • stimolare un bisogno particolare
  • accrescere il prestigio e la percezione delle competenze e dell’affidabilità dell’azienda
  • esortare a lasciare i dati di contatto (lead generation) e ricevere ulteriori messaggi personalizzati
  • presentare i prodotti e approfondirne le caratteristiche
  • esortare a compiere un acquisto.

 

Se scrivere un post molto ampio e circostanziato è il modo perfetto per convincere del valore dell’azienda o di un servizio, potrebbe non essere la scelta giusta se si vuole presentare una collezione di abbigliamento nuova invogliando un lettore a guardare una galleria di immagini o un video. In questi casi può essere più indicato un post molto stretto ed emozionale.

Si deve tenere presente, infatti, che più il testo è ampio – soprattutto nel caso in cui le immagini inserite a corredo del testo non sono molte – più il lettore è coinvolto sul piano razionale. Invece in alcuni casi, soprattutto quando si vuole spingere un utente a compiere un’azione specifica indicata in una call to action esplicita, è molto meglio sollecitare la componente emozionale della fruizione del testo.

A questo scopo ben vengano testi intensi e concisi, molto iconici e diretti. Testi poco analitici, ma estremamente evocativi e categorici, che per questa ragione devono per forza essere piuttosto brevi e sintetici. In questo caso un post di poche centinaia di parole è preferibile a un articolo più lungo e complesso che richiede una decina di minuti per essere letto e compreso.

Un pezzo breve peraltro si presta molto meglio a essere sponsorizzato nei social, dove gli utenti vi si imbattono per caso e, se incuriositi, dopo il clic e l’apertura della pagina dell’articolo raramente sono propensi a dedicare troppo tempo alla lettura concentrata di un pezzo troppo ampio.

 

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