Dagli influencer al vicino di casa, dalle aziende ai privati: tutti pazzi per FaceApp, l’app del momento, nonostante sia nata due anni fa. Ma qual è la sua funzione? E come mai è esplosa soltanto adesso?
FaceApp, cos’è e come funziona
L’applicazione più scaricata degli ultimi giorni è stata sviluppata da una società russa (dalla sezione “trasparenza della pagina” si apprende che i gestori sono quattro: tre russi e un ucraino) e lanciata sugli store il 14 febbraio 2017. Dopo aver effettuato il download dell’app sul proprio smartphone dal Play Store o dall’App Store, si ha accesso alla fotocamera o alla propria galleria di foto per scegliere quella da modificare. Una volta scelta la foto, è possibile applicare una serie di effetti, trucchi e filtri, tra i quali acconciature, tatuaggi, espressioni del viso, cambio di sesso ed età.
FaceApp offre questi filtri gratuitamente, ma ce ne sono molti altri nella versione Pro, a pagamento: si può effettuare l’acquisto una tantum che garantisce l’accesso a vita a tutte le funzioni dell’app al costo di 43,99 euro; l’abbonamento mensile, invece, è disponibile a 19,99 euro, mentre quello settimanale a 3,99. L’applicazione, grazie alle novità introdotte, si trova al primo posto dell’App Store di iOS nella categoria Foto e Video, con una valutazione di oltre 4 stelle.
Facebook ed Instagram invasi da foto “invecchiate”
Il filtro dell’età è stato quello più cliccato e nel giro di poche ore ha scatenato la moda della #FaceAppChallenge, lanciata dai maggiori influencer, seguiti a valanga da una grande percentuale di utenti, sia su Instagram che su Facebook.
Tra i primi che hanno incentivato questa nuova tendenza figurano nomi di un certo rilievo come Max Gazzè, Chiara Ferragni e Fedez, Dybala, Matteo Renzi, Leonardo Di Caprio e Papu Gomez. Altri come Donald Trump hanno fatto l’opposto, mostrandosi ringiovaniti. Dalla pubblicazione dei loro post “invecchiati” fino a oggi, in pochi hanno resistito a non scaricare l’app per curiosare e scoprire le variazioni del viso fra 30 anni.
Un modo curioso per mettersi in evidenza dunque, e magari raccogliere qualche like in più, anche se con la novità introdotta di recente da Instagram (ancora in fase sperimentale) sulla rimozione del numero dei like sotto i post, questa nuova tendenza potrebbe essere frenata.

Boom di download improvviso: come mai?
Come accennato in precedenza, FaceApp è stata lanciata sugli store 2 anni fa, esattamente il 14 febbraio 2017. I numeri dell’app sono tutt’altro che trascurabili. Dal 2017 ad oggi si contano infatti oltre 100 milioni di download sugli store e, grazie anche alla nuova ondata di popolarità, FaceApp continua a tornare ciclicamente in cima alle classifiche delle applicazioni più scaricate. Per la società di analisi di mercato Sensor Tower, solo a giugno 2019 Faceapp è stata scaricata 400mila volte e ha generato introiti per 300mila dollari.
Viene naturale dunque chiedersi cosa ci sia dietro questa tendenza improvvisa che ha causato un picco dei download nel giro di pochi giorni. La causa scatenante è stata, come già detto, l’uso di FaceApp da parte degli influencer o personaggi famosi e non è da escludere che alcuni di loro siano stati “sovvenzionati” dall’app russa per pubblicare i loro post modificati proprio tramite l’app, con tanto di hashtag dedicati che hanno dato il via a una vera e propria challenge con la conseguente formazione di un archivio infinito di foto “invecchiate”.

Tanto divertimento, ma anche molti rischi. La privacy è in pericolo?
Come spesso capita nel mondo di internet, si tende a fare uso delle app in modo spropositato e inconscio, senza tener conto delle conseguenze che possono ricadere sulla privacy. Anche nel caso di FaceApp, dietro a tanto divertimento si nascondono molti rischi che possono mettere a repentaglio la sfera privata degli utenti.
Secondo alcuni analisti l’app in questione violerebbe la privacy perché una volta elaborata l’immagine del volto, la foto viene memorizzata nei server della società russa e resta archiviata per un tempo indefinito, potenzialmente per sempre. Peraltro la società, fondata e diretta da Yaroslav Goncharov, non si cura di dichiarare per quanto tempo le conserverà, né dove. I dati “potranno essere archiviati e lavorati negli Stati Uniti o in qualsiasi altro paese in cui FaceApp, i suoi affiliati (altre aziende del gruppo, ndr) o i fornitori del servizio possiedono le infrastrutture”, si legge nella privacy policy.
Nella sezione dell’app dedicata all’uso delle informazioni si legge che l’applicazione “potrebbe condividere i contenuti e le informazioni degli utenti con le aziende che fanno parte del gruppo di società di FaceApp”. Non è quindi da escludere che i dati dell’invecchiamento dei volti vengano venduti, divulgati, ceduti a governi o altre aziende di cui non sappiamo nulla.
Il consiglio è quindi quello di scegliere in maniera ponderata, senza farsi trascinare dalle tendenze, i contenuti da pubblicare e da “regalare” alle società che si nascondono dietro queste app.

L’app non si limita ad applicare semplicemente un filtro alle immagini, bensì passa dai server dell’azienda, la russa Wireless Lab OOO con sede a San Pietroburgo e applica alle immagini delle nostre facce dei processi gestiti da intelligenze artificiali che potrebbero anche funzionare da “schedatura”, nel senso che potrebbero (l’autorizzazione la diamo noi installando l’app) catalogare chiunque conservandone la foto in una banca dati.
Sta di fatto che la licenza concessa a FaceApp consente sostanzialmente all’applicazione di fare delle foto degli utenti quello che vuole. Parliamo infatti di una licenza che è “perpetua, irrevocabile, mondiale, cedibile e gratuita”. Senza contare che non si fa alcun riferimento al GDPR in tema di privacy che, considerando che l’applicazione viene utilizzata anche su territorio europeo, dovrebbe garantire agli utilizzatori il corretto trattamento dei dati degli utenti, specie quando questi sono funzionali al monitorarne i comportamenti.
Da non sottovalutare infine, il tema dei minori. L’utilizzo di FaceApp non prevede in nessun caso un’indicazione dell’età di chi la utilizza, né quando la si scarica e neanche in fase di login. In tutti i casi, considerando quanto prevede il GDPR in fatto di privacy, il trattamento dei dati dei minori di 14 anni in Italia è vietato.
Il titolare del trattamento, cioè colui che raccoglie i dati, inoltre deve adoperarsi in maniera ragionevole per verificare che il consenso sia stato effettivamente prestato dal genitore, tenendo conto della tecnologia disponibile. Insomma, l’ultima mania sui social non è propriamente innocua come può sembrare.