Passato, presente e futuro del marketing online | Intervista a Marcello Messina, Worldwide CRM, Omnichannel & E-Commerce Director di Furla 15 anni di sviluppo del digital marketing si condensano nel lavoro e nelle competenze di Marcello Messina, Worldwide CRM, Omnichannel & E-Commerce Director di Furla e uno dei professionisti più esperti in Italia nel settore dello sviluppo delle vendite online

Marcello Messina, digital marketing manager di Furla

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Per approfondire le prospettive attuali e future di marketing online, abbiamo parlato con Marcello Messina, Worldwide CRM, Omnichannel & E-Commerce Director di Furla, nonché professionista specializzato che da anni si occupa di temi che vanno dalle potenzialità dei social network al Customer Relationship Management fino alla realizzazione e alla gestione di progetti E-Commerce per aziende nazionali e internazionali. Con lui abbiamo analizzato il passato e il presente del marketing online, con uno sguardo rivolto al futuro di un mondo, quello che riguarda il digital, intitolato al cambiamento. E all’innovazione.

 

Com’è nata la sua passione in questo campo?

Ho iniziato studiando una materia molto tecnica, ingegneria informatica. All’epoca, dopo aver iniziato a lavorare nei centri di ricerca di Telecom, ho scoperto che mi piaceva adattare gli aspetti tecnici della mia professione a quella che era la parte di business. Ho la fortuna di lavorare nel business digitale, ma conoscendo quelli che sono i meccanismi tecnici che vi stanno dietro. E questo è un valore aggiunto. Ho iniziato a lavorare nei laboratori di Telecom negli anni 2000. Allora non si conoscevano quelle che sarebbero state le tecnologie del futuro, ma sicuramente avrebbero avuto degli impatti sul business e questo mi affascinava. E nello specifico quello digitale. Sono stato chiamato da un’azienda piemontese, Bottega Verde, che voleva trasformare la vendita per catalogo in vendita su Internet. Erano anni in cui non vendeva nessuno online e i clienti non erano sollecitati da contenuti digitali. In Bottega Verde ottenemmo risultati consistenti e riuscimmo a costruire un vero e proprio canale e-commerce che arrivò a pesare il 10% del fatturato complessivo.

 

Successivamente è andato a lavorare in Kiko e nel Gruppo Coin. Com’è andata?

Dopo il 2009, sono stato cercato dal Gruppo Percassi, in cui ho lavorato per avviare un canale di vendita online per Kiko, che fino a quel momento aveva venduto essenzialmente sulla base di punti vendita fisici. Partì un progetto molto bello che, nel giro di cinque anni, ci portò ad avere un canale e-commerce che vendeva in Europa e negli USA e che era focalizzato su un target di utenti molto giovane. Dopo quest’esperienza, ho lavorato per il Gruppo Coin, il quale aveva intenzione di realizzare progetti e-commerce ma soprattutto conoscere meglio i propri clienti e instaurare con loro una comunicazione personalizzata. Da un lato, abbiamo realizzato un grosso progetto legato alla vendita online di Coin Casa; dall’altro, abbiamo avviato il sito e-commerce di Excelsior Milano, il Luxury Department store milanese. Successivamente abbiamo lavorato su tutte le tecnologie da inserire nel punto vendita per raccogliere dati sul clienti e permettere ai venditori di conoscerli meglio. Dopo l’esperienza in Coin, sono approdato in Furla, dove lavoro dal 2016, con l’obiettivo di potenziare la piattaforma di vendita online e parallelamente avviare un progetto di customer experience, sempre con l’intenzione di collezionare dati sul cliente utili a instaurare con lui una relazione più fruttuosa e redditizia.

 

Scendiamo più nel dettaglio: per l’analisi dei dati, utilizza particolari programmi o specifiche metodologie?

Quando ho iniziato questo percorso professionale, di programmi ne esistevano pochi e le aziende dovevano portarsi in casa dei programmatori. Oggi sono stati fatti dei grossi passi avanti, ci sono delle tecnologie che si comprano. E non serve installarle in casa perché sono in cloud. Questo permette alle aziende di avere delle soluzioni ottimali. In generale, posso dire che io, come professionista, lavoro su due grandi mondi: da un lato, sulle tecnologie di vendita online, ovvero le piattaforme e-commerce; dall’altro, su tutte le tecnologie legate alla conoscenza del cliente, che prevedono la raccolta del dato direttamente nel punto vendita o sui canali digitali. Tutti i dati raccolti vengono inviati in un customer database centralizzato e poi analizzati per avere dei trend, capire i comportamenti e le azioni dei clienti e poi organizzarli in gruppi accomunati da interessi e comportamenti. Tutto il mondo che riguarda la conoscenza del cliente si compone quindi della raccolta e dell’analisi del dato, e infine della realizzazione di campagne  di comunicazione con gli utenti via email, attraverso messaggi di testo, via app, ecc. Questo permette di comunicare al cliente conoscendo i suoi bisogni e le sue esigenze, e quindi di mandare delle comunicazioni che sono in linea con i suoi interessi. Da qui se ne deduce che la tecnologia, per chi fa il nostro mestiere, è fondamentale. E bisogna saperla utilizzare.

 

Dalle sue parole, sembra di capire che crede molto nell’importanza dell’intelligenza artificiale applicata all’analisi dei big data, e poi nell’email marketing automation. È così?

Sono punti fondamentali. Bisogna avere le competenze per interpretare i dati. Anni fa, le aziende si sono trovate ad avere una grande mole di dati, senza però avere gli strumenti adatti per analizzarli e ancor meno riuscire a prevedere il comportamento degli utenti progettando  di conseguenza delle azioni mirate. I big data hanno reso molto più complessa la comprensione dei clienti. Ma l’Intelligenza Artificiale ci agevola in questo senso. E la marketing automation ci permette di non dover fare un lavoro manuale per realizzare delle iniziative personalizzate da rivolgere al cliente. Inoltre ci consente di sapere se un utente ha aperto una determinata email e in caso negativo sollecitarlo attraverso un altro canale, oppure fare quelle che sono chiamate le welcome series, ovvero una serie di comunicazioni che il cliente riceve la prima volta che entra in contatto con il brand. E che gli raccontano l’azienda, la sua storia e i suoi valori.

 

Sui social cosa ci può dire?

Faccio una piccola digressione. All’epoca, quando lavoravo in Kiko e abbiamo aperto le pagine Facebook e Instagram, era l’anno 2009, ricordo che c’erano diversi problemi da affrontare, per esempio definire la lingua con cui dialogare con gli utenti o la frequenza con cui postare i propri contenuti. Anche tutto il mondo dedicato all’engagement del cliente all’interno dei social aveva una sua specifica complessità, soprattutto perché era manuale. Tanto per fare un esempio, all’epoca lanciammo un’iniziativa che si chiamava One Million Fan. Eravamo vicini al raggiungimento di 1 milione di fan su Instagram e realizzammo quest’iniziativa: tutte le persone che mettevano il proprio like sulla nostra pagina Instagram potevano scaricare un coupon e ottenere un omaggio recandosi a un punto vendita. L’iniziativa ebbe talmente successo in termini di branding  che in pochi giorni i fan su Instagram non solo arrivarono al milione, ma lo superarono di oltre 500.000 nuovi fan. E nei negozi si presentò un tale numero di clienti da recare persino dei disservizi al traffico!

 

E per quanto riguarda nello specifico la gestione dei social oggi?

Si tratta di qualcosa su cui porre molta attenzione. Sono cambiati gli scenari: 10 anni fa, quando veniva realizzato un post, erano molti i follower a vederlo. Nel frattempo, Instagram e Facebook hanno cambiato le regole, di conseguenza oggi la forza e la visibilità dei post sono molto più basse. Per questo motivo bisogna investire delle risorse economiche per potenziare l’impatto di ciò che si pubblica “sponsorizzando” anche i contenuti diretti ai propri follower. La gestione è sempre più complessa, perché la battaglia verte sui contenuti e sulla frequenza dei post. Le aziende si sono strutturate per creare contenuti efficaci da diffondere sui propri canali. Oggi il classico video di 1 minuto non ha più senso, ma sono più efficienti piccoli video di 5 secondi, in modo da avere più post da pubblicare e in linea con le esigenze del web. In generale, la complessità, più che nella gestione delle pagine, si ha nell’organizzazione dell’azienda, la quale deve adattarsi per realizzare contenuti ad hoc e quindi nativamente digitali. E con molta più frequenza rispetto al passato.

 

Community online: cosa è cambiato rispetto al passato?

Stanno cambiando i trend. Anni fa, Facebook aveva un apporto molto rilevante. Oggi, per la industry del Fashion & Luxury, Instagram è molto più premiante. Lo scenario, per chi lavora in un contesto globale, è molto frammentato. E per lavorare con le community è necessario conoscere i comportamenti dei clienti nei vari mercati. Questa è la complessità più grande. In più bisogna lavorare localmente. Ad esempio, l’approccio con WeChat, in Cina, richiede l’ausilio di agenzie che lavorano a fianco del brand per veicolare contenuti giusti localmente. In sintesi, la complessità del lavoro con le community riguarda l’organizzazione interna all’azienda, i trend dei vari social e le peculiarità locali dei diversi mercati.

 

Quali sono, secondo lei, le prospettive future del digital marketing?

Vedremo molta innovazione. Già oggi è possibile capire come le persone dialogano con il brand. Ma in futuro l’Intelligenza Artificiale ci permetterà di prevedere le volontà dei clienti e offrire loro un prodotto persino prima che si rendano conto di volerlo davvero. Un altro campo interessante è quello dell’interazione vocale, ovvero quello che riguarda l’interazione del cliente con la tecnologia, attraverso la voce. Poi, in generale, il mondo dei social sarà predominante, perché i ritmi di crescita sono importanti e consistenti. I social stanno cercando sempre di più di offrire strumenti ai brand per vendere direttamente tramite post, permettendo all’utente di arrivare a concludere un acquisto. Sarà interessante, inoltre, analizzare in che misura i social aumentano il traffico nei punti vendita dell’azienda, anche su questo stanno aumentando le metodologie e le tecnologie per misurare questi fenomeni. Infine l’ultimo tema riguarda l’utilizzo delle tecnologie digitali proprio nei punti vendita. Sempre più comune è vedere clienti che, prima di recarsi in un punto vendita, si informano online sui prodotti che hanno intenzione di comprare. La tecnologia deve aiutare il venditore a prepararsi in questo senso. E permettergli di avere tutte le informazioni sui prodotti dell’azienda e sul cliente stesso, così da gestire al meglio tutta la cerimonia di vendita.

 

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