Facebook ha individuato un nuovo nemico della user experience dei suoi iscritti ed è più intenzionato più che mai a fare sul serio per debellarlo; si tratta del “cloaking” che altro non è un trucchetto con il quale in molti sono riusciti e riescono tutt’ora ad aggirare le policy e a ingannare i controlli di Facebook per quanto riguarda i contenuti sponsorizzati.
Il cloaking consiste nel mostrare ai motori di ricerca e ai siti come Facebook un contenuto diverso rispetto a quello che verrà poi mostrato realmente all’utente finale. Si tratta di script particolarmente ingegnosi che consentono di scalare velocemente le posizioni della SERP e di attirare traffico a pagine web in maniera, se non illecita, quanto meno assolutamente poco trasparente.
Il caso esemplare su Facebook è quello di un utente che si imbatte in un post sponsorizzato, clicca pensando di imbattersi in un dato contenuto (perché non dovrebbe fidarsi? C’è Facebook a vigilare sulla sua user experience) e invece si ritrova a dover affrontare pagine piene zeppe di pubblicità e/o dal contenuto non ammesso come per esempio pornografia o pillole dimagranti.
Ma come ha fatto il sito in questione a passare l’esame di Facebook? Grazie al cloaking chiunque effettui il controllo, sia esso una macchina o una persona fisica, si imbatterà in una landing page del tutto innocua e allineata alle linee guida della piattaforma.
Ebbene Facebook ha dichiarato ufficialmente che non tollererà oltre una simile pratica.
Per questo ha deciso di collaborare con altre aziende del settore per combattere in maniera massiva il cloaking e i trasgressori e di punire con il ban chiunque, detentore di Pagine e/o di account pubblicitari, venga sorpreso a farne uso.
Ovviamente Facebook non ha specificato in maniera precisa come riuscirà a discernere se si tratta di cloaking o meno (con ogni probabilità non si accontenterà dei soli sistemi interni, ma si avvarrà di controlli incrociati), ma assicura che sia le intelligenze artificiali che gli esseri umani preposti al controllo dei post da mandare in sponsorizzazione useranno ogni strumento a loro disposizione per assolvere al nuovo incarico e contrastare questa tecnica odiosa. L’annuncio arriva, infatti, dopo mesi di prove in cui sono stati testati vari espedienti e già sono stati colpiti in molti.
Non esiste appello per i trasgressori: per Facebook i suoi iscritti sono il bene più prezioso; senza contare che se gli utenti dovessero mettere in discussione la capacità di Facebook di scremare simili contenuti smetterebbero di cliccare sulle sponsorizzazioni arrecando un grave danno al Social Blu.
Gli unici a doversi preoccupare della scesa in campo di Facebook contro il cloaking sono proprio coloro che ne fanno uso; gli altri, sia che gestiscano Pagine sia che possiedano uno o più account pubblicitari non hanno nulla da temere.
Per ulteriori informazioni vi segnaliamo il comunicato ufficiale apparso su Facebook Newsroom dove troverete anche una rappresentazione grafica su cosa è il cloaking e come funziona.
Dopo 2 anni da questo articolo ancora lo usiamo ahahahahah
C’è infatti una grande differenza tra gli annunci fatti da Facebook e le implementazioni effettive. Peraltro a rendere tutto più complicato è anche la lingua: la maggior parte degli algoritmi sono tarati sull’inglese, per cui spesso sulle lingue minori (com’è considerata l’italiano) non sono ben calibrati (o non lo sono affatto). Questo nella maggioranza dei casi lascia dei margini di imprecisione e di inefficacia molto ampi, che consente a chi usa le piattaforme web in Italia di potersi permettere operatività ai limiti del consentito rischiando molto meno e ottenendo risultati più apprezzabili.