I luoghi comuni sono sempre dannosi, qualsiasi sia il settore nel quale operiamo. Il content marketing è diventato una strategia largamente utilizzata da aziende e professionisti e come spesso accade questo ha generato una grande attenzione attorno all’argomento. Sono stati spesi fiumi di inchiostro soprattutto virtuale al fine di indagarne i segreti e intercettare e individuare le azioni di maggior successo. Questo gran parlare non ha però condotto automaticamente a una conoscenza reale e approfondita dell’argomento da parte di tutti ed è così che assistiamo ancora a posizioni e affermazioni davvero incomprensibili. Ma quali sono i luoghi comuni potenzialmente più dannosi per un’azienda? Ecco 4 miti di content marketing da sfatare prima che sia troppo tardi.
1. I social media non servono
Il content marketing non si esaurisce con l’ideazione e la realizzazione di contenuti: si tratta di una strategia che mira, attraverso la costruzione e la diffusione di contenuti, a raggiungere degli obiettivi di marketing. E parlando di diffusione, come potremmo mai non prendere in considerazione anche i social media? Questi rappresentano un valido alleato per chiunque aspiri a farsi conoscere da una fetta di pubblico sempre più grossa e se giocheremo bene le nostre carte riusciremo senz’altro a ottenere risultati soddisfacenti.
2. I contenuti devono parlare solo dell’azienda e dei prodotti
Decidere di costruire una strategia di content marketing volta alla comunicazione soltanto di contenuti aziendali e marcatamente promozionali corrisponde a un suicidio. Se c’è una cosa che il marketing digitale ha chiarito è che i consumatori finali sono stufi di essere trattati come degli interlocutori passivi; se vogliamo sperare di farci notare e di entrare in contatto diretto con il nostro target dobbiamo informarci su quali siano le loro aspirazioni e i loro bisogni e costruire una strategia che tenga conto anche delle loro esigenze, al di là del ruolo di consumatori. In questo senso, i contenuti più validi sono quelli che stimolano il dialogo con il pubblico dei potenziali clienti, mentre quelli che descrivono i prodotti o raccontano l’azienda solitamente risultano freddi e distaccati.
3. Per avere successo bisogna scrivere molto
Questo è vero soltanto in parte: riuscire a produrre un gran numero di contenuti fornisce maggiori probabilità che l’azienda si posizioni in maniera egregia per talune parole chiave, ma la verità è che la frequenza di scrittura e di pubblicazione vanno tarate in base al tipo di pubblico che desideriamo raggiungere. E per quanto riguarda la lunghezza degli articoli? Qualche tempo fa tutti sarebbero stati d’accordo nel dire che il segreto del successo erano testi brevi che non superassero i 1.500 caratteri. Oggi si assiste a una inversione di tendenza che però a volte rischia di generare un eccesso nell’altro verso; anche in questo caso meglio studiare con attenzione le preferenze del nostro pubblico e agire di conseguenza. In generale, comunque, quello che paga veramente è la qualità e l’originalità.
4. L’email marketing è morto
Il marketing non convenzionale ha modificato la comunicazione e non ci sono dubbi che inizialmente abbia prodotto degli effetti anche sulle email, ma la realtà è che si tratta di un canale tutt’altro che morto. Al contrario, le nuove tecniche di email marketing automation, le newsletter sempre più sofisticate e mirate e la possibilità di inserire contenuti multimediali nelle email hanno ridato una grande vitalità all’email marketing. A condizione di abbandonare per sempre la tentazione di inviare a cascate email spam uguali per tutti e, peggio ancora, realmente interessanti per nessuno.