Perché i dipendenti si rifiutano di condividere i contenuti aziendali? Le ragioni principali del fallimento di una strategia di employee advocacy

Perché i dipendenti si rifiutano di condividere i contenuti aziendali?

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Perché i dipendenti si rifiutano di condividere i contenuti aziendali, facendo fallire la strategia di employee advocacy? In molti casi non sono i dipendenti a rifiutarsi di condividere i contenuti aziendali, ma le ragioni del fallimento sono altre e sono alla base. Il content marketing è davvero una strategia molto potente e utilizzata dalle aziende e sono sempre di più i responsabili della comunicazione aziendale che decidono di fare dei propri dipendenti dei propulsori dei contenuti da diffondere. Tuttavia non è raro assistere a qualche forma di resistenza da parte del personale che può nascondere significati più profondi e coinvolgere la radice del programma di employee advocacy stesso e fare emergere eventuali errori da parte del management o colli di bottiglia. Ma cerchiamo di vederci più chiaro e di capire perché i dipendenti si rifiutano (o sembrano rifiutarsi) di condividere i contenuti aziendali.

 

1. Non sanno di essere autorizzati a farlo

Sono moltissime le aziende che fanno impegnare i propri dipendenti – tutti, qualsiasi sia il loro livello all’interno dell’organizzazione – a mantenere il più stretto riserbo sul proprio lavoro e sui progetti dell’azienda. Il motivo è semplice: evitare fughe di notizie che potrebbero rivelarsi dannose per l’immagine dell’azienda e per gli affari, in quanto potrebbero andare a favorire un nostro competitor. Stando così le cose è intuibile una leggera ritrosia ed eccesso di prudenza da parte dei dipendenti quando si tratta di condividere contenuti dell’azienda. Sta a chi ha stilato la strategia di employee advocacy prevedere delle sessioni di formazioni e/o formulare delle linee guida chiare da distribuire in ogni singolo ufficio.

 

2. Non glielo abbiamo chiesto

Le aziende spesso commettono l’errore di dare per scontato che poiché hanno deciso di curare la propria presenza online, allora sarà cura di ogni singolo dipendente allinearsi al nuovo andamento. La verità è che tale operazione è tutt’altro che automatica; la ragione principale la troviamo esposta al punto precedente, ma è anche vero che occorre tenere conto che non tutti i dipendenti possono avere dimestichezza con i nuovi media. Sinceriamoci, quindi, che tutti siano al corrente del programma e di cosa fare.

 

3. Non sanno come fare

Questo punto è per certi versi collegato al precedente: visti i numerosi casi in cui i dipendenti sono stati ripresi aspramente o addirittura licenziati per avere commesso errori nella condivisione di contenuti o avere postato contenuti sconvenienti, deve essere cura dell’azienda mostrare loro cosa fare, come farlo e quando se davvero ci tiene che tutti siano coinvolti nel processo in egual misura e possano dare il loro contributo.

 

Per concludere, se dovessimo renderci conto che la strategia di employee advocacy non sta andando come ci aspettavamo o sta riscuotendo scarso successo tra i dipendenti, non corriamo subito a conclusioni affrettate: probabilmente non si tratta di un rifiuto, ma semplicemente di una stasi di gran lunga preferibile rispetto a operazioni incontrollate e scellerate, ma che va comunque affrontata affiancando il dipendente e formandolo nella maniera corretta.

 

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Project manager. Dopo la laurea in Comunicazione Internazionale con una tesi sull’adattamento cinematografico ho iniziato a lavorare come content writer e content manager in contesti di comunicazione aziendale interna ed esterna e a gestire gruppi di lavoro. Il Web 2.0 è la mia più grande passione insieme alle lingue straniere, al cinema, al teatro e alla letteratura. Dopo avere affinato le mie conoscenze nel campo delle strategie per il web e del social media marketing attraverso corsi di formazione ed esperienze in azienda lavoro come Project Manager, Blogger, Content Marketing Manager e Social Media Marketing Manager.

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