Non fare errori nelle azioni di influencer marketing può significare conquistare spazi di visibilità inaspettati e di grande valore, che possono tradursi in un consistente aumento di clienti contenti. Negli ultimi anni, infatti, l’influencer marketing ha visto consolidarsi il suo ruolo di strategia di digital marketing efficace e di successo. Per questo sono sempre di più le aziende che decidono di affiancare a forme di comunicazione più o meno convenzionali anche lo studio di un piano per entrare in contatto e costruire un rapporto duraturo con le personalità più influenti all’interno della propria sfera di azione. A ulteriore riprova di questa necessità, basti pensare che sono sorte delle vere e proprie agenzie che si occupano solo di questo, ovvero di fungere da intermediari tra le aziende e le celebrità, anche del web.
Purtroppo, nonostante esistano numerose guide ricche di best practice, sono ancora moltissime le aziende che commettono errori anche banali nella gestione del rapporto con gli influencer, causando una grave perdita di tempo e denaro. Ecco i 3 più comuni e qualche suggerimento per porvi rimedio.
1. Cercare solo gli influencer più famosi
Questo è un errore nel quale i più incappano fin dall’inizio, ovvero nella fase preliminare di individuazione degli influencer che operano nel proprio settore. Moltissimi si basano per la scelta del personaggio con il quale entrare in contatto solo sulla base del seguito che ha sui social e/o del livello di celebrità raggiunto. Ciò che molti non sanno (e che consente di distinguere i neofiti del campo da coloro già più esperti) è che non sempre è un bene cercare di raggiungere i più famosi e spesso non ha nemmeno senso: infatti raramente avere un seguito così esteso significa garanzia di qualità. Con ogni probabilità qualora riuscissimo nell’impresa (quanto mai difficile) di attirare la loro attenzione ed entrare in rapporto con loro, il nostro messaggio raggiungerebbe fette di utenza che a noi non interessano, con la conseguenza che avremmo speso tempo e denaro per una strategia che si rivelerà poi poco efficace. Meglio prediligere i microinfluencer, i quali riescono davvero a instaurare un rapporto diretto con il proprio pubblico.
2. Non è sempre e solo una questione di soldi
Ormai gli influencer sono sempre più consapevoli del proprio ruolo e dell’importanza dei propri giudizi e per questo spesso si possono aspettare qualcosa in cambio. Per questa ragione molte aziende decidono di impostare l’approccio solo sul piano economico: niente di più sbagliato. Un influencer, se è davvero tale, non si lascerà comprare facilmente, pena la perdita di stima da parte del proprio pubblico; alla maggior parte di loro (soprattutto ai meno famosi) basta un campione omaggio e appassionarsi alla nostra storia per iniziare a lavorare con noi e per noi. Quelli più affermati invece richiederanno non solo una retribuzione, ma anche che gli forniamo un contenuto rilevante da raccontare e sul quale spendere la propria influenza. Se non glielo diamo, può succedere che parlino della nostra azienda o dei nostri prodotti con toni freddi e poco convincenti, producendo l’effetto opposto a quello auspicato.
3. Troppo controllo o troppo poco
Molti percepiscono i propri prodotti come prolungamenti della propria persona e per questo possono innescarsi dei meccanismi e delle manie di controllo davvero eccessivi. L’influencer marketing per funzionare presuppone un rapporto sincero con gli utenti che verrà meno se faremo sentire l’influencer in gabbia o, peggio, se scriveremo noi i contenuti al posto suo. Ciò non significa, d’altro canto, che non dobbiamo fornire loro delle linee guida: molte aziende si limitano a inviare il campione omaggio e poi smettono di interessarsi al processo creativo. La strategia migliore è, piuttosto, restare in contatto con il personaggio che abbiamo scelto fornendogli tutto il materiale di cui ha bisogno per presentare il nostro prodotto al suo pubblico; in questo modo coglieremo due piccioni con una fava: da un lato potremo continuare a far appassionare l’influencer alla nostra storia e dell’altro verificheremo la qualità del lavoro svolto senza risultare per questo troppo oppressivi.