Ceres ha lanciato a metà luglio uno splendido esempio di comunicazione di marchio basata sul newsjacking, ossia la costruzione di un contenuto che sostiene il brand o i prodotti mediante l’aggancio a un tema di attualità di grande rilevanza per il pubblico di riferimento. In questo caso, i comunicatori di Ceres hanno inteso bene che uno degli argomenti più caldi del momento è la crisi greca, oggetto di discussioni soprattutto da parte di chi – tra i non specialisti di politica internazionale – ha una visione del mondo abbastanza critica e orientata al cambiamento.
Il target a cui punta Ceres è abbastanza chiaro: la fascia di popolazione compresa tra i 16 e i 45 anni con uno stile di vita abbastanza informale, una cultura media, un atteggiamento scanzonato e tendenzialmente trasgressivo. È il quadro che in estrema sintesi si evince dalle campagne di comunicazione che hanno connotato le Ceres come birre di qualità medio-alta rivolte a chi vuole bere qualcosa di non comune ma comunque popolare. La fisionomia della buyer persona tipica del marchio è dunque perfettamente in linea con la “ribellione gentile” che i greci stanno attuando verso il sistema economico rigido e asfissiante dell’attuale ordinamento europeo. I greci non vogliono uscire dall’Europa, intendono rimanere nel sistema, ma vogliono un sistema migliore, in cui integrarsi significa migliorare, vedere riconosciuti i propri valori sociali e culturali nel rispetto della dignità di un popolo che ha una storia fondamentale per l’intero Vecchio Continente.
L’intuizione dei comunicatori di Ceres è stata quella di cogliere al volo l’affinità tra chi simpatizza con le istanze del popolo greco e i tipici consumatori della birra prodotta ad Aarhus. L’idea che ha permesso il collegamento alla situazione greca è stata quella di descrivere tramite immagini costruite con i prodotti Ceres (bottiglie, tappi, bicchieri, ecc.) ciò che la Grecia ha dato all’Europa in termini di retaggio culturale. In questo modo si è stimolato il fruitore anche a interpretare le rappresentazioni fatte, alcune di immediata lettura (per esempio quella sulle Olimpiadi), altre meno intuitive (l’amore platonico) che impongono al visitatore un esercizio di intelligenza oltre a richiedere un’apprezzabile base culturale. Quest’ultimo aspetto può sembrare una barriera all’immediata fruizione del contenuto, ma per le prerogative tipiche del target di Ceres, da una parte i creativi possono essere certi che la maggior parte del proprio pubblico di riferimento sa bene a cosa si fa riferimento, dall’altra può originare un passaparola finalizzato proprio a trovare la migliore spiegazione di ciascuna immagine.
La didascalia di lancio delle immagini in Facebook (“La Grecia non ha solo debiti, tutti noi le dobbiamo qualcosa. Dai, dite la vostra!”) è sintetica e lapidaria, perfettamente chiara e comprensibile e ha una call-to-action precisa e stuzzicante. Chi ha risposto con un commento ha inesorabilmente unito l’idea della Grecia, fatto dominante tra quelli più discussi attualmente, al brand Ceres. Tutti gli altri, anche se non hanno commentato, hanno messo in moto l’immaginazione, sforzandosi almeno per un istante di pensare come inventare un’idea originale che saldasse Ceres e Grecia.
Grazie all’originalità del messaggio proposto e per l’arguzia divertente che lo caratterizza si è innescata un’importante viralizzazione del contenuto. In un paio di giorni il post ha ottenuto più di 8.000 like e 1.400 condivisioni, con l’obiettivo raggiunto di dare una spinta importante alla valorizzazione e alla notorietà del brand. Ha inoltre animato in modo energico la pagina aumentando la frequenza di visualizzazioni naturali dei post anche future (chiunque ha interagito ha maggiori probabilità di imbattersi nei prossimi post di Ceres).